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Quella voragine da 5,1 miliardi, di Gianni Dragoni - 10 aprile 2008

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abm
view post Posted on 10/4/2008, 18:17     +1   -1




Valgono solo un centesimo le azioni dell'Alitalia, secondo uno studio pubblicato il 3 aprile da Deutsche Bank, uno dei pochi istituti che ancora copre il titolo della Cenerentola dei cieli.
È una banca che delle vicenda di Alitalia se ne intende. O almeno dovrebbe. Nel novembre 2005 Db ha avuto un ruolo decisivo nel successo dell'aumento di capitale da un miliardo di euro lanciato con il piano di Giancarlo Cimoli. La banca guidava il consorzio di collocamento e garanzia. I titoli furono venduti a 80 centesimi.
E non ci fu bisogno della rete di protezione delle banche. Il "mercato" credette alla promessa del risanamento nel 2007 benché – anche allora – mancasse un sì dei sindacati all'aggiornamento del piano industriale, presentato perché i conti non tornavano.
Il piano Cimoli fu lo stesso preso per buono, incartato e presentato al "mercato". Ci fu un road show fin negli Stati Uniti, per raccogliere 516,9 milioni di euro.
Il ministero dell'Economia, dove era tornato Giulio Tremonti, fece la sua parte, comunicando l'adesione preventiva a sottoscrivere 489,2 milioni e a ridurre la sua partecipazione dal 62,4% al 49,9% attuale. La chiamarono privatizzazione. Era un impegno con la commissione Ue, che nel 2004 aveva autorizzato il prestito ponte da 400 milioni garantito dallo Stato (erogato dalla Dresdner, altra tedesca) per salvare la compagnia.
"Bevve" anche Jean-Cyril Spinetta. Air France comprò una quota corrispondente al suo 2% di Alitalia, quindi spese circa 20 milioni. Il pacchetto è stato più volte svalutato. Ma è servito a Spinetta a tenere aperta con un piede la porta d'ingresso alla Magliana.
L'istituto tedesco guidato da Vincenzo de Bustis, già ai vertici di Banca del Salento e di Mps, considerato vicino a Massimo D'Alema, garantiva l'inoptato della ricapitalizzazione fino a 200 milioni. Banca Intesa guidata da Corrado Passera copriva fino a 100 milioni. Poi c'erano i tagli da 25 milioni: Lehman Brothers, Unicredit, Sanpaolo-Imi, Société Générale. Quote inferiori per Capitalia, Nomura, Morgan Stanley e altri.
Dai nomi in campo sembrava che la ricapitalizzazione di Alitalia dovesse essere un affare. Per chi ha comprato le azioni non lo è stato. I conti sono rimasti in profondo rosso. I debiti finanziari netti sono riesplosi, oggi superano i 1.300 milioni.
Caporetto anche in Borsa, anche se con forti oscillazioni dei titoli negli ultimi due anni che avranno consentito a qualcuno anche di guadagnare (c'è la Consob che indaga). Alla riammissione dopo quattro giorni di sospensione, ieri il titolo ha perso il 21% a 0,395 euro.
Si potrebbe chiedere agli analisti di Deutsche Bank di spiegare come mai le azioni vendute a 80 centesimi nel 2005 dopo quasi due anni e mezzo valgano, secondo il loro giudizio, solo un centesimo. Che è come dire che il 100% di Alitalia vale 13,9 milioni di euro, a parte i debiti.
Ma Db dovrebbe spiegare soprattutto come mai in un suo studio del 19 gennaio 2006, pubblicato un mese e mezzo dopo la chiusura dell'aumento, curato dagli gli analisti Chris Reid, Simon Champion, Jon Tarasewicz, si pronosticasse un futuro in rosa, con un prezzo obiettivo (il «target price») di 1,32 euro a 12 mesi. Nel titolo dello studio, Db affermava che Alitalia si sta risanando («Recovering its position»). Sottotitolo: «I numeri sono complicati, ma la storia è semplice». Una prosa in scioltezza, come a dire: abbiamo capito che Alitalia si salverà, non siate scettici nonostante un passato travagliato.
Titoli di un film di fantasia. La pellicola della realtà è drammatica. È una storia di insuccessi e di delusioni che dura da vent'anni. È dal 1988 che il risultato di gestione del gruppo Alitalia è in rosso, come evidenziato nelle pubblicazioni dell'area studi di Mediobanca guidata da Fulvio Coltorti.
La tabella in questa pagina, elaborata da R&S-Mediobanca, mostra che il «risultato corrente» prima delle imposte del gruppo Alitalia è negativo dal 1993. È i il risultato gestionale, che tiene conto di tutti i costi, prima delle tasse e delle partite straordinarie positive o negative. Nei bilanci Alitalia sono frequenti plusvalenze per cessioni (aerei che però restano in flotta in lease-back, immobili, partecipazioni), c'è stata la sopravvenienza di 280 milioni per la vittoria nell'arbitrato con Klm, che ha salvato il bilancio 2002, oppure ci sono oneri straordinari, come la svalutazione flotta per 197 milioni nel 2006 (tema di nuovo all'esame per i conti 2007).
Unica eccezione alla gestione in rosso è il 1998, uno dei cinque esercizi della gestione di Domenico Cempella, un anno in cui il petrolio era basso e ancora non c'era stato lo spostamento dei voli da Fiumicino a Malpensa (avvenne il 25 ottobre 1998): è l'ultimo bilancio che ha idato un dividendo ai soci, quasi 64 milioni. Il precedente dividendo fu col bilancio 1988, appena 8,46 milioni di euro, e solo per le azioni privilegiate e di risparmio, che non ci sono più.
Ma anche negli anni precedenti al 1993 – i qui non pubblicati per ragioni di spazio – i R&S ha messo in evidenza che il «risultato corrente» di Alitalia è in rosso, dal 1988: 30,9 milioni di euro la perdita corrente quell'anno, in cui Romano Prodi presidente Iri fece cadere Umberto Nordio ; i 139 milioni nel 1989, l'anno della nomina di Giovanni Bisignani amministratore delegato ; i 130 milioni nel 1990, 139 milioni nel 1991, 149 milioni nel 1992.
In vent'anni, dal 1988 al 2007, le perdite «correnti» del gruppo Alitalia, cioè della gestione, hanno raggiunto i 4,9 miliardi di euro. In media, una perdita di 245 milioni di euro all'anno, o 670mila al giorno (da due anni la media è salita a un milione al giorno).
L'importo quasi coincide con quello versato dagli azionisti con le ricapitalizzazioni, che – secondo l'analisi di R&S – hanno assorbito 3.776 milioni negli ultimi 15 anni (tra Cempella nel 1996-1998, Francesco Mengozzi nel 2001-2002, infine Cimoli). A questa cifra si possono sommare i 715 milioni di obbligazioni convertibili, i «Mengozzi bond» emessi nel 2002 con scadenza 2007. Poi Cimoli ha allungato la vita dei bond fino al 2010, alzando il tasso d'interesse al 7,5% annuo (ieri la quotazione dei bond ha perso il 19,93% a 55 centesimi).
Ci sono stati inoltre, come rileva R&S, aumenti di capitale anche nel 1988 per 108 milioni di euro e, nella gestione Bisignani, 290 milioni nel 1990. Infine, il piano Cimoli ha previsto che una società statale, la Fintecna guidata da Maurizio Prato, inietti circa 200 milioni in Alitalia Servizi. Nel complesso, compresi i «Mengozzi bond» e l'intervento Fintecna, in 20 anni dentro Alitalia sono state pompate risorse per 5,1 miliardi. Circa 3,5 miliardi li ha messi lo Stato. Tutto bruciato dall'enorme fornace.
Nella ricapitalizzazione da 1.430 milioni lanciata nell'estate 2002 con il piano Mengozzi, metà in azioni e metà in bond, è rimasto inoptato dai soci il 21,6%, pari a 309,46 milioni. Questa somma se l'è accollata il consorzio bancario di garanzia, diretto da Banca Imi (gruppo Sanpaolo-Imi), Credit Suisse e Merrill Lynch. Quest'ultima alla fine 2006 è diventata advisor del Tesoro per la privatizzazione.
Nell'aumento di Cimoli le azioni sono state vendute mentre alla Magliana circolavano stime di risultati peggiori dell e i attese e di un budget 2006 con una perdita tendenziale di 200 milioni, anziché in pareggio come promesso al mercato. Nove mesi dopo Cimoli mandò alla commissione Trasporti della Camera un documento, su carta non intestata, riassunto dalla frase: « P iiù voliamo e più perdiamo».
Le ultime due operazioni sul capitale sono state una delusione per il mercato che ha sottoscritto. La precedente, con il piano Cempella 1996-2000, accompagnato da azioni gratuite ai dipendenti per il 20% del capitale (per un valore stimato nel 1996 in 500 miliardi di vecchie lire, 258 milioni in euro), per qualche tempo ha visto quotazioni in crescita con apice nel 1998, poi l'inesorabile picchiata.
Sul ruolo di Deutsche Bank nell'aumento del 2005 colpisce una coincidenza. Negli stessi giorni in cui si rendeva garante del rischio inoptato, il 7 novembre 2005 la banca firmò un contra t ito di copertura contro i rincari del carburante. Una polizza di assicurazione che prevedeva un premio di 90 milioni di dollari pagato dalla Magliana alla banca.
 
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annaced
view post Posted on 11/4/2008, 13:03     +1   -1




Anche io ho avuto quelle azioni nel 1996.
Ora valgono dai 60 ai 100 euro a seconda di come sale o scende :(
 
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1 replies since 10/4/2008, 18:17   484 views
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